Davey Coombs intervista: a proposito del MXoN
Traduzione a cura di Davide Mogetta.
Intervista originale a cura di MX Large.
Davey Coombs è uno degli uomini più potenti sulla scena del motocross americano. Seguendo i passi di suo padre è ora uno dei motivi di successo della serie National. E’ anche un ottimo giornalista e proprietario del giornale americano RacerX. Ci siamo incontrati con il signor Coombs e gli abbiamo chiesto qualcosa a proposito delle sue esperienze al Motocross delle Nazioni. Davey Coombs parla di tante cose nell’intervista, i suoi pensieri sul Team USA, perché secondo lui il team a stelle e strisce risulta (quasi) sempre il migliore nella classifica finale del Motocross delle Nazioni.
MXLARGE: Il Motocross des Nations è fra un mese, ovviamente tu hai avuto molte esperienze, puoi raccontarmi qualcosa del primo Nazioni che hai seguito?
Davey Coombs: E’ divertente che entrambi parliamo ancora di “Motocross des Nations” anzi che “Motocross of Nations” penso che abbiamo ancora quell’idea affascinata e romantica delle “Olimpiadi del Motocross” ed io personalmente preferisco ancora usare il vecchio nome in Francese, ma mi piace l’idea di ripensare ai ragazzini gasati che seguono il Team USA, così come gli Svedesi e i Belga.
Sai, ovviamente il 1981 fu un anno di grande svolta; ed io ebbi l’occasione di partecipare per la prima volta solo nel 1993 a Schwanenstadt in Austria, ed il team USA vinse al pelo, ma era evidente che il resto del mondo non si era fermato mentre noi avevamo continuato a crescere ed infatti l’anno dopo perdemmo la gara.
Comunque si, il fatto principale del Nazioni è che è una gara di squadra, e vedi queste incredibili performance una volta all’anno che rimangono nella memoria per generazioni e per noi americani è bellissimo, per una volta all’anno ci spogliamo del giallo, blu, rosso e ci coloriamo solo di rosso blu e bianco, è un’esperienza fantastica.
Cosa ne dici dell’ “effetto Gorilla” degli Stati Uniti? Perché quando arrivano gli americani arrivano davvero come un gruppo e ci mettono il massimo dell’impegno per prepararsi al meglio; e penso che non ci sia mai stato un Team USA con degli screzi fra i piloti – anche i peggiori nemici diventano migliori amici nel giorno della gara. Insomma, potrebbe essere questa la grande differenza fra gli USA e le altre squadre?
Davey Coombs: Si, penso che sia un fattore determinante. Mi ricordo di una foto dell’anno scorso in cui Ryan Villopoto e Ryan Dungey guardavano insieme le traiettorie migliori a Saint Jean d’Angely, dopo aver combattuto per tutto il campionato National. Ed anche alla fine della terza manche, quando Villopoto ha rallentato per tagliare il traguardo assieme a Dungey, anche quello è nello stile del team USA. Penso che questo spirito dipenda molto dalla guida di Roger De Coster, che non solo è uno dei più titolati al Nazioni come atleta, ma anche come Team Manager. Proprio per questo è molto rispettato e quando dice che qualcosa va fatto, tutti si impegnano a farlo. Ed è anche capace di prendere decisioni importanti nella scelta del team, per esempio più di una volta ha escluso Stewart, non perché non sia forte come gli altri ma perché De Coster pensava che fosse meglio per il team concentrarsi sui piloti che avevano corso e che volevano davvero partecipare alla gara, e poi lui è capace di insegnare a questi piloti un modo di pensare che li fa andare tutti verso lo stesso obiettivo come una squadra.
Forse dipende anche dal forte sentimento patriottico degli americani, voglio dire, se guardi qualsiasi evento sportivo tutti sono in piedi a cantare l’inno nazionale: sembra proprio che ci sia un sentimento che va oltre all’agonismo sportivo, un sentimento più profondo…
Davey Coombs: Decisamente si, noi americani siamo così. Non so se è nel DNA di ognuno di noi, ma siamo sempre molto competitivi, non cambia se stai lottando per un posto di lavoro o sei fai una gara in moto con un amico. Per esempio tante volte prima del Nazioni vengono sparse delle voci negative che dicono cose come “Quest’anno il Team USA non riuscirà a vincere, la squadra non è abbastanza forte” e questo motiva i nostri ragazzi, motiva tutti i componenti del team. Quindi si, sicuramente dipende molto da come sono fatti gli americani, ma secondo me dipende tanto anche da Roger De Coster che è capace di spingere tutti a desiderare molto fortemente la vittoria, chiunque siano i 3 piloti scelti per la formazione. E negli ultimi 7 anni siamo riusciti a vincere, ma non credo che sia perché siamo i migliori, ma perché sopratutto siamo ben preparati.
Difatti negli ultimi 3 o 4 anni era sembrato fino all’ultimo che gli Stati Uniti potessero essere battuti, ma poi inizia la manche finale ed in partenza vedi un Dungey ed un Villopoto o chiunque altro al primo e secondo posto: è incredibile che riescano a spingersi per raggiungere quell’obiettivo quando si trovano con le spalle al muro.
Davey Coombs: Assolutamente, come ti ho già detto fin da ragazzini, quando sono ancora sui 65cc, iniziano ad avere uno spirito di perseveranza, non corrono uno contro l’altro solo una o due volte all’anno, ma 10 o 12 volte all’anno- nonostante vengano da tutti gli stati degli Stati Uniti- nelle gare Amateur, che possiamo definirlo come una serie di gare “ombra” di quella Pro del Monster Energy Supercross o del Lucas Oil Pro Motocross Nationals. Proprio per questo sistema i nostri ragazzi hanno proprio un’abitudine del “non vi deluderò”. Poi c’è anche un fattore fortuna che è molto determinante. Prendi ad esempio Tony Cairoli – com’è possibile che sia così sfortunato al Nazioni?! Non c’è nessun motivo per cui Cairoli non si sia potuto esprimere sempre al meglio negli ultimi 6 anni, qualcosa gli va storto alla prima curva o succede qualcosa di assurdo; proprio come come a Carmicheal in Brasile nel ’99. D’altra parte è una gara a squadre, e questo fa molto: per esempio uno contro uno Cairoli e Dungey potrebbero essere allo stesso livello durante la manche, ma quello che conta sono il secondo ed il terzo pilota, voglio dire, non possiamo pensare che il terzo pilota per l’Italia sia allo stesso livello del nostro terzo pilota; lo stesso vale per l’Olanda ed anche l’Inghilterra. Forse solo Belgio, Francia ed Australia hanno dei team comparabili a quello americano.
Grazie Davey, ci vediamo a Lommel per la gara.
Davey Coombs: Non vedo l’ora! Mi troverai in giro con la felpa rossa, blu e bianca!
So che le nostre possibilità di vittoria sono diverse sulla sabbia, ma qualche settimana fa dopo Southwick ho chiesto a Roger De Coster come pensava che sarebbe andata a Lommel e lui mi ha risposto “Al contrario delle ultime volte, non ci daranno come vincitori prima ancora di arrivare.” Ed io ho pensato “Cavoli, 31 anni dopo De Coster porta ancora avanti lo spirito del 1981, ed è questo che sprona i nostri ragazzi alla vittoria. Voglio dire, solo lui è capace di fargli portare in modo così orgoglioso la bandiera ed allo stesso tempo metterci quella grande passione che noi fan abbiamo per lo sport.”
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