UNA BIRRA COL KAISER:I Mondiali piu belli(episodio13)

Per l’ultimo appuntamento della rubrica vintage ritorniamo ai primi anni ’90 per parlare del mondiale 500 del 1992, contraddistinto da uno scontro all’ultimo sangue tra Georges Jobé e Kurt Nicoll, l’ultima grande lotta tra due 500 2T.

 

Il 1992 è stato segnato da una novità assoluta in fatto di regolamenti: i GP a tre manche. Batterie da 25 minuti + 2 giri invece che le solite due da 40 minuti + 2. L’esperimento mirava a rendere le gare più intense e spettacolari, visto che si poteva assistere ad una partenza in più e che con batterie più brevi i piloti dovevano dare il massimo dal primo all’ultimo giro. Ma gli aspetti negativi, in realtà, si rivelarono essere maggiori: poco tempo per riposare e lavorare sui mezzi tra una manche e l’altra, eccessivo aumento dei pezzi di ricambio necessari per finire un GP e troppa confusione nei punteggi. Nel 1994, dopo soli due anni, l’idea fu accantonata e si tornò al classico “format” a due manche.

 

1992 (500 cc): L’ULTIMO RE

 

Nel 1992 Georges Jobé ha 31 anni e si sta apprestando a cominciare la sua quattordicesima stagione iridata. È il campione in carica della 500 e ha già annunciato che il ’92 sarà il suo ultimo anno di gare, per cui è deciso a chiudere in bellezza una carriera straordinaria: nel 1980, a 19 anni, è diventato il più giovane campione del mondo della storia (record battuto solo diversi anni dopo), poi ha vinto altri tre titoli, portando a quattro il numero complessivo, ed altre quattro volte è arrivato secondo. Georges è l’ultimo esponente ancora attivo ai massimi livelli della mitica generazione di campioni degli anni ‘80, composta, oltre che da lui, da piloti come Geboers, Malherbe e Thorpe, ma anche dagli americani Johnson, Bailey e O’Mara; il suo addio, pertanto, segnerà inequivocabilmente la fine di un’era.

 

Nonostante queste credenziali, Jobé durante l’inverno ha rischiato di non trovare sponsor che lo finanziassero per il ‘92, perché la 500 sta gradualmente perdendo interesse, le Case non ci investono più ed i piloti delle nuove generazioni preferiscono rimanere in 250; Georges, così, si è accasato nel team italiano di Nazareno Cinti, che lo fa correre con una caratteristica Honda bianca e rosa.

Franco Rossi Immagine repertorio.

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La difesa della corona iridata per il pilota di Liegi non sarà facile: la 500, nonostante l’addio dei vecchi campioni, resta la tana dei lupi, dei piloti più duri e coriacei. Uno dei più temibili è sicuramente l’inglese Kurt Nicoll, pilota ufficiale della KTM. Dotato di un fisico roccioso ed un carattere indomito, anche lui è un veterano della 500 e già da diverse stagioni è tra i top rider, ma non è ancora mai riuscito a conquistare il titolo; nel 1991, partito come grande favorito, ha dovuto abbandonare per un infortunio al femore mentre guidava la classifica, nel ’92 è pronto per l’ennesimo assalto.

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L’americano Billy Liles, da anni residente in nord Europa, è stato a lungo in testa al mondiale nel 1990, prima di infortunarsi seriamente nel GP d’Italia a Cingoli, e nel ’91 è rimasto ben presto fuori dai giochi. Nel 1992, lasciata la Kawasaki, cerca riscatto con la Honda. Jacky Martens nel ’91 ha conteso il titolo a Jobé fino alla fine, in sella alla KTM ufficiale, ma per il 1992 ha deciso di imbarcarsi in un’avventura affascinante quanto difficile: è infatti l’unico pilota della nuova Husqvarna 610 4T, una delle primissime 4T di moderna concezione, che ovviamente non è ancora al top dello sviluppo. Prima di lui c’è stato solo Valter Bartolini, che nel ‘91 ha corso con una Husaberg.

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Altri potenziali protagonisti sono il vecchio campione Dave Thorpe (compagno di squadra di Jobé nel team Cinti), già sul viale del tramonto ma ancora capace di qualche zampata, il belga Dirk Geukens, terzo nel ’90 e nel ’91, i giovani Joel Smets, Johan Boonen e Marcus Hansson ed il nostro Franco Rossi, probabilmente il miglior specialista italiano della 500, tornato alla classe maggiore con la KTM Rebuschi dopo una stagione difficile in 125.

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Il campionato comincia negli Stati Uniti, a Glen Helen, e l’evento è onorato dai team Honda, Kawasaki e Yamaha USA (Suzuki non produce più da anni le 500 2T), che schierano i loro campioni e mischiano notevolmente le carte in tavola. Paradossalmente, infatti, alla fine della giornata si trovano in testa alla classifica due piloti che non parteciperanno al resto del campionato: Jean-Michel Bayle, che ha dominato la giornata vincendo tutte e tre le manche, e Jeff Matiasevich. Billy Liles, terzo assoluto, è il migliore tra quelli che faranno il mondiale e quindi è virtualmente primo in classifica, davanti a Jobé ed allo svedese Marcus Hansson.

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La seconda gara è in Cecoslovacchia, a Sverepec, una pista dal fondo duro e le grandi pendenze, che ricorda molto i tracciati italiani… e che Franco Rossi sfrutta per entrare nella storia! Lo spezzino della KTM, grazie a due vittorie di manche ed un secondo posto, diventa infatti il primo azzurro in assoluto a vincere un GP della classe 500. Franco si ripete in Austria, a Sittendorf, dove regala un vero e proprio spettacolo insieme ai grandi della categoria: finisce terzo nella prima manche, dopo una gran battaglia con Nicoll, Jobé e Liles, secondo in quella intermedia e chiude la giornata con una vittoria in fuga solitaria, che gli vale il successo per il secondo GP consecutivo, seppur stavolta a pari punti con Liles.

Billy Liles immagine di repertorio

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Nonostante abbia vinto due gare su tre, Rossi è solo quarto in classifica, per colpa della disastrosa prova inaugurale a Glen Helen, in cui ha racimolato la miseria di 4 punti; davanti a lui ci sono Nicoll, Liles e Jobé. Quest’ultimo è l’unico che ha saputo raccogliere bottini importanti in tutte le occasioni (oltre a Rossi, anche Nicoll è andato male in America, mentre Liles ha fatto poco in Cecoslovacchia) e quindi, pur non avendo vinto molto, si trova in testa al mondiale con 14 lunghezze di vantaggio sul primo inseguitore.

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Il momento di gloria di Rossi, però, è destinato a finire perché il nostro soffre terribilmente i percorsi sabbiosi e la gara seguente si corre sulla pista finlandese di Ruskeasanta: Franco mette in mostra tutti i suoi limiti, raccogliendo un solo punto in tre manche, e fa capire di non poter lottare seriamente per il titolo. Kurt Nicoll, invece, sta gradualmente entrando in forma e in Scandinavia conquista il suo primo GP stagionale (primo – secondo – primo), anche se un granitico Jobé (terzo – primo – secondo) gli cede solo 5 punti e conserva la leadership.

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Il quinto GP si corre a San Marino, alla Baldasserona; è l’unica gara sul nostro territorio, visto che il calendario non prevede il GP d’Italia, ed il favorito d’obbligo, viste le recenti performance, è Rossi. Franco chiude terzo in rimonta la prima manche, dietro a Nicoll e Jacky Martens, e vince la seconda, candidandosi fortemente per il successo assoluto; al via della gara finale, però, lo spezzino viene travolto da Boonen in fondo al rettilineo di partenza ed è costretto al ritiro, così Nicoll si trova la strada spianata per la vittoria. L’ufficiale KTM passa anche in testa alla classifica generale, approfittando di una giornata difficile per Jobé, che è caduto in allenamento e corre acciaccato, cercando solo di limitare i danni.

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Costretto ad inseguire, il campione del mondo fa valere la sua classe e la sua esperienza alla prima occasione disponibile, e cioè il GP di Germania a Reiserberg. Nicoll vince la prima manche, ma cade al via della seconda ed è costretto all’ottavo posto; Jobé, tornato in perfetta forma, capisce l’importanza del momento e forza al massimo, conquistando la seconda e la terza batteria e con esse il GP. L’inglese, alla fine secondo assoluto, rimane in testa al campionato, ma con soli 5 punti di vantaggio su Georges, che ha sfruttato la prima difficoltà per scalfire le certezze del rivale.

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Con la settima prova a Hawkstone Park, in Inghilterra, si entra nella seconda fase del campionato. Nicoll, ovviamente, è l’eroe di casa e c’è una gran folla pronta a sostenerlo, ma la pressione gli gioca un brutto scherzo: al via della prima manche Kurt rimane incastrato nella griglia di partenza, ritrovandosi ultimo (a fine gara presenterà anche reclamo per caduta irregolare del cancelletto), poi nel tentativo furioso di recuperare cade tre volte ed è costretto al ritiro; nella seconda batteria parte davanti, ma non riesce a tenere il ritmo di Jobé e Liles, cadendo di nuovo e chiudendo quinto; in gara-3, ormai in piena crisi, non va oltre il quarto posto. Jobè, ovviamente, ne approfitta e si riporta in testa al mondiale, ma il vero mattatore della giornata è Billy Liles, che conquista una fantastica tripletta e si rilancia prepotentemente in classifica, dopo una serie di gare sfortunate in cui gli è capitato di tutto. La classifica vede ora Georges in testa con 318 punti, Kurt secondo con 300 e Billy terzo con 273; il quarto, Boonen, è fermo a 182.

Kurt Nicoll immagine di repertorio

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Ottavo appuntamento in Francia, a Cussac. Jobé vince il suo secondo GP stagionale, con un primo e due secondi posti, davanti a Liles (un primo e due terzi); Rossi, sempre protagonista sul duro, vince la terza manche, mentre Nicoll non riesce a superare il momento difficile e stavolta viene anche tradito dalla sua KTM, che si ammutolisce nella batteria conclusiva e lo costringe a perdere altri punti dalla vetta.

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La gara seguente si corre a Valkenswaard, in Olanda. Billy Liles, grande specialista dei fondi sabbiosi, si gioca qui gran parte delle sue chance di tornare in corsa per il titolo e non fallisce l’occasione, vincendo il GP con due vittorie ed un secondo posto. Jobé, dal canto suo, gli cede solo 11 punti, persi soprattutto per via di una caduta nella prima manche, e riesce a limitare i danni conquistando il successo nella batteria finale; Nicoll completa il podio, ma dopo le recenti sfortune sembra aver perso la verve, tanto che nella classifica del mondiale è stato scavalcato anche da Liles, che adesso è l’avversario più vicino a Jobè.

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Decima prova a Namur, casa del campione in carica. Anche stavolta una grande folla è pronta a festeggiare il suo idolo, ma in questo 1992 il destino vuole che i favoriti del pubblico, per un motivo o per l’altro, deludano sempre le aspettative: è già capitato a Rossi a San Marino, a Nicoll a Hawkstone Park e neanche Jobé a Namur riesce a sfatare il tabù. Nella prima manche, infatti, il campione belga è costretto al ritiro per la rottura del cambio e lascia la vittoria a Nicoll; quest’episodio restituisce vigore e speranze a Kurt, che vince anche gara-3 ed il GP della Citadelle per la prima volta in carriera, mentre il giovane svedese Marcus Hansson fa sua la seconda manche ed è secondo assoluto. In classifica Georges conduce sempre con 452 punti, ma adesso Nicoll si è rifatto sotto a 428; Liles, invece, esce dalla corsa al titolo per colpa di due cadute, che lo costringono al ritiro nelle prime due manche. A fine gara Jobé si dice comunque soddisfatto della giornata, visto che Liles non è più un pericolo, ma in realtà è nervoso perché ha capito che Nicoll adesso è galvanizzato e sarà dura metterselo dietro.

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Nel penultimo GP, in Lussemburgo, l’inglese sferra un attacco violentissimo alla leadership e conquista d’autorità tutte e tre le manche. Dal canto suo Jobé, pur non vincendo, corre forse la gara più bella della sua stagione: un concentrato di grinta, velocità e sangue freddo che gli permette di rimediare a delle partenze disastrose in tutte e tre le gare; in particolare nella seconda manche Georges rimane coinvolto in un mucchio da cui si rialza ultimo, apparentemente spacciato, ma non si perde d’animo e si esibisce in un recupero prodigioso, che dopo soli cinque giri lo vede già in terza posizione. Alla fine della giornata il campione belga, nonostante tutte le disavventure in cui è incappato, è secondo assoluto e cede solo 13 punti a Nicoll, salvaguardando il primato  in classifica e conservando un “tesoretto” di 11, preziosissime lunghezze di vantaggio per l’ultima gara.

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La sfida finale si tiene in Svizzera, a Roggenburg, e gli 11 punti di differenza su 60 ancora disponibili caricano i due sfidanti di grande tensione. Nelle prove Jobé ha dato più di 2 secondi a Nicoll, ma quello che più conta è uscire indenni dalla partenza, perché il piazzale di Roggenburg è molto insidioso ed è facile rimanere imbottigliati nel mucchio. E questo è esattamente ciò che succede a Jobé nella prima manche: Nicoll spunta bene, supera agevolmente Thorpe e s’invola al comando, mentre il belga è oltre i primi dieci e deve recuperare, riuscendo solo verso metà gara a raggiungere la piazza d’onore. Ruoli invertiti in gara-2: Georges scatta davanti con Martens e Liles, mentre Kurt resta nel gruppo; il ritmo dell’inglese, però, è irresistibile ed in breve si riporta sul pacchetto di testa, superando Jobé, e a quel punto Martens e Liles cedono il passo ai due sfidanti, come a non voler interferire nel loro duello. Sul traguardo è di nuovo primo Nicoll e secondo Jobé: ad una manche dalla fine il distacco tra i due è di 5 punti e, in caso di nuova vittoria di Kurt, Georges dovrà assolutamente classificarsi ancora secondo, visto che col terzo posto andrebbe a pari punti lasciando il titolo all’inglese per il maggior numero di vittorie. Dopo il traguardo non mancano neanche le polemiche per l’atteggiamento di Liles, giudicato troppo lassista, e l’americano si giustifica dicendo che sa di poter essere l’arbitro della lotta mondiale e che il suo interesse è solo quello di dare il meglio, a prescindere da chi si trovi davanti o dietro, ma non può farlo perché ha dei problemi ai freni, che si surriscaldano dopo metà manche e non funzionano più.

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All’ultimo via la tensione, ovviamente, è alle stelle, ma Nicoll sembra non sentirla e scatta come una fionda, mentre Jobé perde l’attimo e viene chiuso dall’altro pilota KTM Brian Wheeler, ritrovandosi ventesimo dopo la prima curva. Ma Georges dimostra ancora una volta la sua immensa classe, in un giro recupera fino all’ottavo posto e poi si mette con calma a superare uno ad uno tutti i piloti che lo separano dalla seconda posizione, quella che gli è sufficiente per confermarsi campione. Gli ultimi passaggi sono un’agonia: Nicoll è primo con ampio margine e va a  conquistare la sua settima vittoria di manche consecutiva, ma non può fare nulla per rovinare la festa di Jobé, che è risalito ancora una volta alle sue spalle e, al termine di una giornata incredibile, può tagliare il traguardo da Campione del Mondo per la quinta volta.

Georges Jobé immagine di repertorio.

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Dopo ben 36 manche, quindi, Jobé precede Nicoll in classifica di soli 2 punti: 550 a 548. Erano più di dieci anni che un mondiale 500 non si risolveva con uno scarto così ridotto tra il primo e il secondo; l’ultima volta era stata Malherbe contro Lackey nell’80 (di cui abbiamo già parlato in questa rubrica n.d.r.), ma allora c’erano molte meno manche e quindi meno occasioni di perdere o guadagnare punti. Billy Liles completa il podio stagionale a quota 460, poi alle sue spalle c’è un enorme vuoto di ben 200 punti, superato il quale si trovano un Joel Smets in grande crescita e Franco Rossi.

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Stati d’animo inevitabilmente contrastanti a fine gara, dopo quest’epilogo così ricco di pathos. Da un lato la gioia immensa di Jobé, che confessa come dopo la rottura del cambio a Namur fosse sprofondato nel panico e come solo la rimonta nella seconda manche in Lussemburgo gli avesse ridato convinzione, trasformandosi nel momento chiave del suo campionato. Dall’altro lato la delusione incredula di Nicoll: per la quarta volta in carriera l’inglese è vicecampione del mondo della 500 e rivela che in realtà era arrivato a Roggenburg già pronto ad accettare il numero 2, ma era anche convinto che vincendo tutte e tre le manche avrebbe conquistato il titolo; invece Jobé è stato capace di piazzarsi sempre alle sue spalle e di stravolgere le sue previsioni. Al culmine dello sconforto, Kurt si lascia scappare un forse è destino che io non debba diventare mai Campione del Mondo”.

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Quello del 1992 sarà l’ultimo grande duello tra specialisti delle mezzo litro a 2T; d’ora in poi lo spazio sarà sempre più riservato alle nuove 4T, prima europee e poi giapponesi, ed i piloti impiegheranno parecchio prima di riscoprire il fascino della classe maggiore.

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Il ritiro di Jobé in realtà non sarà definitivo, perché Georges si ripresenterà al via di qualche gara del mondiale 500 sia nel ’93 che nel ‘94, ma solo per divertimento,. Nicoll, invece, si sposterà nella nuova classe regina, la 250, alla guida di una Honda, continuando a cogliere piazzamenti di rilievo; nel 1997, a 33 anni, tornerà in 500 con la KTM 360 per un ultimo assalto alla corona iridata, ma si dovrà accontentare del quarto posto e si ritirerà a fine stagione, salutando tutti con una vittoria di manche al Nazioni di Nismes. Al termine di una carriera di quindici anni sempre al top, quindi, Kurt Nicoll abbandonerà le competizioni senza aver conquistato quel titolo mondiale che tanto avrebbe meritato, ma con la soddisfazione di aver sempre gareggiato contro i più grandi piloti e di aver guidato, da capitano, la nazionale inglese che nel 1994, dopo tredici anni, ha interrotto l’egemonia americana al cross delle Nazioni. Un’impresa compiuta proprio a Roggenburg, la stessa pista che gli aveva procurato la delusione più cocente della sua carriera: il destino, almeno quella volta, ha saputo ricompensarlo.

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Si chiude così la nostra rubrica vintage. Non sono mai stato bravo nei discorsi di commiato, per cui mi limito a ringraziare Fabio Foresio, Mauro Marica e Daniele Sinatra per aver accettato la mia proposta con tanto entusiasmo; un grazie anche a tutti quelli che hanno seguito con interesse ogni puntata, speriamo di essere stati all’altezza. Adesso godiamoci il mondiale 2011 che sta per iniziare e buon motocross a tutti.

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