UNA BIRRA COL KAISER:I mondiali piu belli(Episodio 11)

Scritto venerdì 4 Marzo 2011 alle 00:03.

Per questa settimana si torna negli anni ’80. Ci guiderà lo specialista degli “Eightys”, Mauro Marica, che racconterà il mondiale 125 del 1983.


1983 (125 cc): IL GIALLO E’ DI MODA!

Di tutto il decennio ‘80 forse è il mondiale 125 del 1983 quello che ho “sofferto” e vissuto più intensamente. Quello, infatti, è stato l’anno in cui il mio amore per questo sport ha toccato apici assoluti; gli anni a seguire non furono così coinvolgenti, complice forse anche il crescere e il vedere le cose con occhi diversi, ma anche e soprattutto la favolosa distrazione che tra il 1984 e il 1990 mi ha portato verso il BMX… ma questo poca importa.


Da sempre per me il massimo dell’espressione tecnico/atletica è data dai piloti della 125, perché in questa cilindrata hai poco motore ad aiutarti e la differenza la fa solo la tua abilità. Così negli anni ‘80 era lì, alla 125, che avevo gli occhi puntati, in modo particolare su Michele Rinaldi. Come già si è scritto ai quei tempi, noi italiani all’epoca ci dividevamo tra Michele e Corrado, una sfida eterna, che se vogliamo è continuata anche quando i due si sono trasformati in team manager.


Il 1983 è un anno simbolo per tanti motivi. La 125 è una classe “giovane”, che solo dal 1975 può vantare un suo campionato mondiale; i primi titoli sono stati vinti dal belga Gaston Rahier, dal giapponese Akira Watanabe (l’unico giapponese ad aver vinto un titolo mondiale), da Harry Everts (il papà di Stefan) e dal piccolo Eric “the Kid” Geboers, campione nel 1982. Piloti con differenti caratteristiche e differenti personalità, ma tutti accomunati da un basilare elemento: hanno vinto il campionato alla guida di una Suzuki Ufficiale. Le gialle ottavo di litro non hanno paragoni e nell’immaginario di tifosi e piloti sono il massimo a cui si possa aspirare.


Dopo una stagione 1982 al di sotto delle aspettative, nel 1983 Michele Rinaldi firma come ufficiale Suzuki: la moto che per anni aveva cercato di battere ora è finalmente nelle sue mani e tutto sembra pronto per raggiungere quell’alloro mondiale già sfuggito più volte. Ma purtroppo il solo disporre della moto migliore può non bastare, perché in pista c’è gente tosta: i più quotati sono il Campione del Mondo (e nuovo compagno di squadra di Michele), Eric Geboers, forte e determinato come pochi, velocissimo su tutti i tipi di terreno e con un carattere che non teme confronti; l’americano Jim “Diamond” Gibson che, senza false modestie, nel 1983 è venuto in Europa nel team Yamaha, deciso a conquistare l’unico titolo che ancora manca agli yankees (dopo la doppietta di LaPorte e Lackey in 250 e 500 nel 1982); Corrado Maddii, vicecampione del mondo con la sua Gilera ufficiale nel 1982. E poi ci sono tanti giovani che vogliono mettersi in mostra, qualcuno dei quali ha anche la moto giusta per farlo, come il finlandese Pekka Vehkonen, compagno di squadra di Gibson sulla Yamaha ufficiale, e Marc Valkenners, compagno di Maddii.


A complicare ulteriormente le cose per Rinaldi è arrivata anche una preparazione invernale molto difficile a causa di qualche caduta di troppo; la prima a Montevarchi, all’esordio sulla Suzuki, la seconda, più violenta, in una gara sulla sabbia a Viareggio, una classica dell’epoca: in quest’incidente Michele si infortuna ad un ginocchio e si porterà dietro il problema per tutta la stagione. Del resto lui è da sempre abbastanza incline agli infortuni e alle rotture meccaniche: è un pilota tutto cuore e velocità, che corre sempre e solo per vincere, un generoso senza limite. In pratica l’antitesi di quello che diventerà dopo come team manager…


Eric-Geboers



Il mondiale parte dall’Olanda il 27 marzo, una pista piatta in una giornata fredda. Eric Geboers si presenta in pista a bordo di una fiammante Ferrari e dimostra a tutti che la musica è sempre la stessa del 1982: è subito doppietta. Jim Gibson con un terzo e un secondo è secondo assoluto, mentre Rinaldi riesce a conquistare il terzo posto in gara-2; Maddii si deve accontentare di due piazzamenti, ottavo e sesto, anche se nella prima manche è autore di una stratosferica rimonta.


Ci si sposta in Austria. Geboers parcheggia la sua Ferrari a casa e si presenta in pista più “low profile”, ma questo vale solo per i mezzi di spostamento, perché in pista si conferma sempre il più forte, con altri due primi posti che non lasciano replica. La questione si fa seria: se Eric continua di questo passo la stagione si chiude prima ancora di entrare nel vivo. Gli italiani ottengono comunque ottimi risultati, grazie anche al fondo duro più consono alle caratteristiche dei nostri piloti: Rinaldi è due volte secondo,  Maddii due volte terzo, Beppe Andreani e Massimo Contini entrano nei primi dieci.


La terza prova si corre in Italia, sulla pista di Lombardore, dove una folla di 40mila spettatori accorre per salutare i nostri campioni e per gustarsi il concerto di Alberto Fortis. La musica suonata in pista fortunatamente non è solo quella leggera del cantante milanese, ma anche e soprattutto quella del motore della Suzuki numero 3. Rinaldi da tutto e vince entrambe le manche; Geboers lo segue come un’ombra, ma non può fare altro che accontentarsi di due secondi posti. Maddii, Andreani e Contini sono sempre li nei primi dieci, mentre gli altri attesi protagonisti del mondiale iniziano a fare acqua e perdere terreno: la questione per il titolo comincia a farsi ristretta in casa Suzuki.


Il mondiale segue senza particolari sussulti e le successive tappe in Belgio e Francia raccontano un film già vista: Geboers stravince e gli altri sono costretti a contendersi ciò che rimane. Così, quando sembra che si debba assistere ad un noioso monologo del campione in carica, ecco che il nostro sport regala emozioni e imprevisti. Lo sapete, il motocross è uno sport che spesso racconta la vita e in termini di opportunità bilancia sempre tra il dare/avere.


La sesta prova è in Jugoslavia, l’organizzazione non è il massimo e nella prima manche succede il fattaccio. Rinaldi è comodamente primo seguito da Gibson, ma per un errore di cronometraggio viene esposto il cartello dei due giri prima dello scadere dei regolamentari 40 minuti. Sylvain Geboers (team manager Suzuki, ma soprattutto fratello di Eric) si accorge dell’errore, protesta e il cartello viene mantenuto per due giri di seguito; così, mentre Michele e Jim rallentano convinti di aver finito, Geboers tira al massimo portandosi in testa. L’italiano e l’americano si accorgono della situazione solo quando il danno è fatto e, nonostante si mettano all’inseguimento, non riescono a scalzare Eric dalla vetta, così Jim finisce secondo e Michele solo terzo. A fine gara Sylvain Geboers viene accusato di scorrettezza, ma la sua risposta è di quelle che non concedono repliche: “A me spetta di fare il possibile perché Eric diventi Campione del Mondo ed intendo sfruttare tutte le possibilità che ho perché questo avvenga”. La seconda manche mette ordine e delinea di nuovo (se mai ce ne fosse stato bisogno) i valori in campo: Geboers vince senza incertezze e senza aiuti esterni, Maddii è secondo e Rinaldi terzo. Michele riesce a tagliare il traguardo per puro miracolo, una serie di problemi di natura fisica e lo stress della prima manche lo debilitano tanto da essere sorretto da due suoi supporters appena finisce la gara.


Dopo sei prove sull’asciutto non poteva mancare il confronto con il fango. Accade in Germania, dove un’organizzazione instancabile fa di tutto per rendere la pista agibile: idrovore e ruspe lavorano notte e giorno per mettere rimedio alle piogge torrenziali dei giorni precedenti la gara. Ma in questi casi, con le ruspe che lavorano sul fango, le insidie si nascondono e i canali vengono coperti da uno strato leggero di terra poco consistente, così accade che nel corso di una delle due manche Geboers punta una traiettoria ma s’impunta, cade e fa segnare il primo ritiro della sua stagione. Rinaldi può accorciare il distacco, degli altri nessuno ha la costanza per essere lì con il piccolo belga, ma il nostro alfiere è malconcio e tra un GP e l’altro è costretto a tornare in Italia per farsi aspirare il liquido che si accumula nel ginocchio infortunato a Viareggio.


Jim-Gibson



Si arriva in Spagna per l’ottava prova, con un colpo di scena: Geboers non c’è. È caduto in allenamento e si è fratturato la gamba sinistra. Per il campione del mondo le ultime 4 manche fanno registrare ben tre zeri (contando anche la caduta con ritiro della gara precedente) e per Rinaldi e tutti gli altri è la grande occasione di rimettere in gioco quel titolo che sembrava già assegnato. Michele vince la prima batteria, è secondo in quella di chiusura e in una sola gara dimezza il distacco dalla vetta. Belle anche le prestazioni di Velkeneers, che in sella alla Gilera inizia a prendere ritmo e si toglie la soddisfazione di vincere la seconda manche. Maddii è sempre nei dieci, anche se non riesce ad essere incisivo come l’anno prima; Beppe Andreani è sempre più costante e anche i due alfieri dell’Aprilia, Fabrizio Pirovano e Michele Fanton, vanno a punti.


Dall’Europa occidentale si passa all’estremo opposto del continente, l’Unione Sovietica, e la gara rischia di saltare perché la pista non è stata minimamente irrigata ed è quindi un inferno di polvere. I piloti, uniti, minacciano lo sciopero (strano che quella parola venisse usata proprio in un Paese come l’URSS…) e scendono in pista solo dopo che sono state ripristinate le condizioni di sicurezza minime. Geboers è tornato, corre con un particolare tutore alla gamba ed è già in forma per fare un primo ed un terzo di manche; Rinaldi tiene il passo e gli recupera altri due punticini. Tutti gli altri non hanno la stessa continuità nelle zone alte della classifica e quindi il divario tra i primi due ed il resto del gruppo cresce sempre più. Assente Corrado Maddii, che è dovuto ricorrere ad un intervento chirurgico per far asportare un’appendicite.


Svezia, decima prova. Velkenners, Vehkonen, Maddii è il podio della prima manche; Geboers è quarto e Rinaldi, con il ginocchio ormai finito, è solo ottavo. Nella seconda vince Eric davanti a Vehkonen e Maddii di nuovo terzo. Rinaldi, quinto, perde altri punti. In classifica il “Kid” è praticamente già campione e solo la matematica tiene ancora in gioco un Rinaldi ormai ferito nel corpo e stremato nello spirito; dal canto suo, Michele ha quasi garantita aritmeticamente la seconda posizione finale, per cui inizia seriamente a pensare di chiudere anzitempo il campionato e farsi operare per arrivare più pronto al 1984.


Alla fine Rinaldi, com’è nel suo carattere, decide di non mollare ed aggrapparsi alla speranza fino alla fine. Il penultimo GP dell’anno è ancora in Scandinavia. Geboers scende in pista solo per prendere i punti che gli mancano per confermarsi campione e si limita a due quarti posti, più che sufficienti per il suo obiettivo, mentre Velkeneers e Rinaldi vincono le manche. Archiviati i giochi per il titolo, Rinaldi saluta la carovana e si fa sistemare il ginocchio. Nell’ultima prova, in Cecoslovacchia, la battaglia è tutta per la tabella n.3, che alla fine andrà a Jim Gibson, arrivato per spaccare il mondo e “relegato” al gradino più basso del podio.


Sul finire della stagione un altro clamoroso colpo di scena scuote il circus mondiale: la Suzuki si ritira dalle corse. Rinaldi, nonostante un contratto di due anni che prevede un impiego nel team ufficiale anche nel 1984, si trova praticamente appiedato. Ma la storia la sapete: Michele correrà comunque con le gialle la stagione ‘84, facendosi dare in gestione le moto e i ricambi del 1983, e vincerà così il suo primo titolo mondiale, il decimo consecutivo in 125 per la Casa di Hamamatsu.


Eric Geboers, invece, proseguirà la sua carriera di successi in tutte le cilindrate; già a partire dal 1984 passa alla classe 500 in sella alla Honda ufficiale, scavalcando la 250, e, a dispetto del fisico minuto, sicuramente poco adatto a domare la potenza delle mezzo litro, nel biennio ’85-’86 finisce il mondiale al terzo posto. Nel 1987 scende in 250 e si aggiudica il titolo al primo tentativo, così nell’88 torna prontamente in 500 ed entra ufficialmente nella leggenda, diventando il primo pilota nella storia del cross a vincere il titolo in tutte e tre le cilindrate (dopo di lui solo Stefan Everts riuscirà ad eguagliare il record e farsi proclamare Mr. 875); nel 1990 conquista il suo quinto alloro iridato, sempre in 500 e sempre con la Honda, e decide di ritirarsi.


Tra le note in conclusione, vorrei rimarcare che all’epoca prendevano punti solo i primi 10, per cui riuscire a conquistare un punto ed entrare nella classifica del mondiale era davvero una cosa difficile, riservata solo a gente che in moto sapeva andare veramente.



Forse pochi sanno dell’esistenza di un libro, una biografia scritta su Michele Rinaldi, dal titolo “Senza respiro”. Pubblicata nel 1983, l’opera racconta la vita e la carriera del pilota di Parma fino a quel momento, e per ironia della sorte manca proprio del capitolo più bello, quello che sarebbe stato aggiunto l’anno dopo.


Tra i giovani italiani, oltre a Fanton e Pirovano, allora emergevano anche due sfortunatissimi ragazzi: Tedeschi e Grola. Tedeschi si infortunò seriamente in una gara ad Esanatoglia: sul salto d’arrivo picchiò con la ruota posteriore contro una pila di gomme che delimitava il percorso e nella caduta, violentissima, riportò un grave trauma cranico. Ne uscì vivo per miracolo, ma la moto non poté più essere parte della sua vita. Grola, che negli anni successivi trovò spazio nella 500, ci lasciò prematuramente a causa di una caduta in allenamento.


Questo non per chiudere in tristezza, ma per salutare e ricordare tutti quei giovani che hanno amato e amano il nostro sport fino all’estremo più assoluto. A tutti quei giovani che entrano in pista sapendo di prendere manciate di secondi dai più bravi, ma che senza di loro i più bravi sarebbero nulla!



Nella prossima puntata…

1998: LA BATTAGLIA DELLE TERMOPILI

 

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